In libertà

Scrivere qualcosa su Noa è già difficile di per sé, figurarsi scrivere qualcosa di intelligente in proposito: incappare nei tranelli della coscienza sociale è la risposta più immediata per mancanza di riferimenti pratici. Quindi, questo non sarà l’intento dell’articolo.

Piuttosto, l’aspetto sul quale voglio concentrarmi è un altro.
Un suo amico ha dichiarato che, prima di morire, «parlava con un filo di voce, sorrideva mestamente, era serena. Il dolore psicologico può essere più feroce di quello fisico. Il suo è stato insopportabile. Mi ha dato l’idea di essere molto serena al pensiero che di lì a poco sarebbero cessate le sue sofferenze».

Desiderare di morire, per non soffrire più.

Immagino che per la ragazza questa dovesse essere l’unica risposta possibile, altrimenti non avrebbe deciso di farla finita.
Nella sua visione della vita, non c’era un’alternativa.
Fine, e basta.

I traumi hanno come conseguenza o la negazione dell’evento, o la trasformazione in seguito a esso, scontando per la vita colpe precedenti. Quasi mai una svolta positiva.
Noi però possiamo essere l’alternativa di successo per qualcun altro, la scelta fra “come sono diventato” e “come posso diventare”, a patto però di non pretendere l’alternativa di noi stessi, altrimenti il primo passo diventa già l’ultimo.

Se per Schopenhauer la vita è sofferenza, agli esseri umani basta circondarsi di anticorpi naturali, quali il successo, la fortuna, la famiglia, per anestetizzare il dolore e sopravvivervi.

Ma non tutti riescono ad aggrapparsi ad una forza capace di dare una spinta maggiore di quella negativa generata dalle insoddisfazioni, da un passato colpevole, dall’essere costantemente una vittima.

Le vittime non vanno giudicate, né comprese.
Le vittime vanno osservate, come il silenzio che accompagna un lutto inaspettato, per capirci di più.
Vi capita mai di ripensare alle cose a cui tenete, quando avete paura? Di voler parlare con qualcuno che non sentite da tempo, quando sentite di una tragedia accaduta vicino a voi? Di fare quella pazzia che avete sempre sognato, quando avete la sensazione che potreste non farla più?

Capirci di più significa legarsi alle cose più forti.
E minore è la possibilità di realizzarle, più le desideriamo.

C’è stato un ragazzo che, un mese dopo la morte della fidanzata, è andato nello stesso ospedale dove era morta lei, gettandosi dalle scale dopo aver gridato «ti amo, ti sto per raggiungere».

Era forse debole?
Possiamo dire che Noa era una ragazza debole?

Forse sì, ma scegliere di morire gli sarà costato tanto: pensate un momento prima di cadere nel vuoto, la paura che doveva stringere la gola del ragazzo; o il fremito di Noa quando ha capito che stava finendo.
Non credo che possiamo definirle scelte da deboli, sicuramente hanno avuto coraggio, anche magari scappando dalla vita.

A noi non resta che rispettare, forse anche compatire oppure invece disprezzare scelte del genere.

Nessuno può essere certo di fare la cosa giusta, però c’è un metodo per farle in maniera migliore:

  • vuoi imparare a scrivere? Scrivi
  • vuoi imparare a nuotare? Nuota
  • vuoi imparare a vivere? Vivi.

Il resto, verrà da sé.