Tra passato e futuro, ci siamo noi

Un’azienda che assume (ammesso che sia una pratica ancora attuale), inizia la conoscenza del candidato a partire dal suo passato, dalle esperienze pregresse, da chi è stato o ha dimostrato di “saper essere“.

Il curriculum diventa la tessera preziosa del futuro, quel pezzo mancante senza il quale non si può capire la storia di una persona, e di conseguenza il suo domani.

Ma fermiamoci un attimo. Perché chi si è stati dovrebbe corrispondere a chi si sarà?
Chi assicura che basarsi sul passato sia una condizione sufficiente per predire l’affidabilità futura di una persona?

Da Cicerone a Confucio, la Historia Magistra Vitae è stato l’elemento essenziale della conoscenza e della prevedibilità dell’uomo: «studia il passato se vuoi prevedere il futuro».

Ma quanti di noi furono simili alle donne e agli uomini che sono diventati adesso?

Si sa che la vita è un miscuglio di casualità, fortuna e bravura per cui il cambiamento è l’unica costante che caratterizza lo stato di natura. Ed è proprio per questo che, facendo affidamento solo sul passato di una persona, si rischia non soltanto di perdere di vista le potenzialità di quel soggetto, ma anche di condizionare le sue innumerevoli destinazioni.

Pensate a qual è il motivo per cui tutte le persone che abbiamo di fronte fanno proprio quel lavoro.
Forse che un fornaio ha vinto il premio alla materna per i biscotti che ha sfornato? O un Sindaco è stato da piccolo quello che risolveva i pianti degli altri? O un infermiere ha per certo avuto un vissuto da tutore di Cicciobello?

Non sempre il nostro passato ci indica dove andremo, perché – oltre al cambiamento – la vita è questione di scelte che si fanno e così, da commessa di un negozio, una giovane ragazza può diventare un broker assicurativo, o un cameriere può ritrovarsi a gestire una impresa edile nel giro di qualche mese.

Chi saremo non dipende solo da chi siamo stati.
Specialmente se ciò che ci portiamo dietro è il frutto di scelte forzate, inconsapevoli o sbagliate che comunque ci siamo ritrovati a fare.

Un unico, grande percorso: pieno di mete, privo di tracce.

Chiedere un curriculum alla prima esperienza è saccente.
Chiederlo a un lavoratore affermato è inutile, perché già sai cosa quella persona ti può offrire.

Dovremmo allora concentrarci di più su chi abbiamo di fronte, indipendentemente da quello che ha fatto in passato. Solo così potremo delineare chi diventerà in futuro, e non per similarità con punti pregressi della sua esistenza, ma per ciò che lo differenzia dagli altri e che lo rende adatto a quel lavoro, e che differenzia sé stesso rispetto a chi è stato prima.

Una buona azienda non si limita a chiedere il curriculum. Lo costruisce.

I sogni sono di ieri

C’è un articolo di Radio 105, che riporta una ricerca dell’Agenzia di Comunicazione Klaus Davi & Co., che a sua volta ha condotto una ricerca sulle ambizioni di lavoro dei giovani fra 18 e 25 anni.

Morale della favola: il 71% dichiara di voler fare l’influencer, il 48% il fashion blogger, e poi lo stilista, lo chef e così via.

In pratica, nessuno ambisce più a un lavoro manuale, ma la maggior parte sogna un lavoro da imitare.
Proprio così: sebbene il primo commento che vi viene guardando la classifica sia “vi meritate l’influenza“, in realtà avete ragione, ma non solo. Quei dati, infatti, nascondono molto di più. Proviamo a capire cosa.

L’influencer o il fashion blogger rappresentano la chimera di tutti i lavori desiderabili: hai vestiti firmati, macchine nuove, telefoni di ultima generazione, insomma tutti i prodotti che desideri ad un’unica condizione: aggratis.

Figo, vero?

I criticoni diranno che, oltre ad essere un’utopia, è anche diseducativo, non rende merito ai sacrifici, non è un vero lavoro.
Spiegatemi però la differenza fra sognare di diventare Chiara Ferragni e sognare di diventare Bobo Vieri, o Brad Pitt.

Il desiderio di oggi, vincolato ai social media, trova un pronto riflesso nel desiderio dei meno giovani di ieri di diventare un calciatore famoso, o una star di Hollywood.
Oggi, quella famosità a costo zero, ma a guadagno mille, è pubblicizzata da Instagram o YouTube.

Le cose, quindi, non sono molto diverse.
E’ solo che oggi conta tantissimo come ci vedono gli altri: quando condividiamo qualcosa sui social, lo facciamo per desiderio di riproduzione, per avere un seguito capace di darci dignità, sicurezza e per sentirci piccole star anche noi.
Tu che leggi, facci caso: non pubblicheresti mai una storia se avessi 0 follower, se nessuno potesse vedere ciò che pubblichi. Tanto varrebbe tenerla sul rullino.

Da generazione in generazione, il sogno/ambizione di lavoro è sempre stato quello di fare qualcosa che ti piace, e che ti permetta di guadagnare anche un sacco di soldi.

Quindi: perché criticare chi ha questa sacrosanta ambizione?

Il problema, semmai, è un altro: non puoi pretendere che Giambattista Valli disegni un vestito apposta per te se non hai l’indomabile attrazione fatale di Kendall Jenner (mi astengo da ulteriori commenti sull’immensità seduttiva della piccola Kardashian), o che la Wind ti chiami a promuovere una nuova offerta telefonica se non hai nemmeno un centesimo della simpatia di Fiorello.

Se vuoi influenzare qualcuno, devi possederne i mezzi, per natura o per bravura, e devi avere un’idea di chi vuoi essere e di cosa vuoi fare.
Altrimenti, non sarai capace di fare bene nemmeno un lavoro manuale come il meccanico.

C’è poi un altro piccolo particolare: a quei giovani è stato chiesto qual è il loro lavoro dei sogni, no cosa stanno lottando per diventare.
Magari, sognando di diventare il Montemagno della cosmetica, una ragazza nel frattempo si sta facendo il mazzo per essere un bravo avvocato, oppure un giovane studente che si è appena laureato in Marketing, nel mentre sogna di cantare come Ultimo all’Olimpico.

L’importante è sapere quanto vali: se pensi di valere tanto, dimostralo, e ci arriverai.

Perché il cerchio della vita, da sempre, si chiude sostituendo il destino con la propria volontà: dipende da te, quello che succederà.
E i sogni di oggi non sono molto diversi da quelli di ieri: si tratta pur sempre di desideri, strappati dal cielo di stelle per essere trasformarti in star sulla terra.

E tu ci credi, rockstar?